Le vulvovaginiti si presentano con sintomi fastidiosi, ma generalmente non sono pericolose al di fuori della gravidanza, se si eccettua il caso di alcuni germi a trasmissione sessuale, come la Chlamydia, che possono risalire le vie genitali ed essere motivo di infertilità.
In gravidanza però le cose sono diverse: è stato accertato che la vaginosi batterica possa essere causa di contrazioni, minaccia di parto pretermine, e rottura prematura delle membrane, situazioni che mettono a rischio il nascituro, soprattutto in relazione all’epoca gestazionale del parto.
Per questo è importante riconoscere alcuni sintomi, per poter evitare conseguenze importanti.
Normalmente il ph della vagina è acido, inferiore a 4,5, e questo tende ad accentuarsi in gravidanza: i lattobacilli, germi buoni della vagina, proliferano e producono acido lattico e acqua ossigenata, creando un ambiente poco ospitale per i germi cattivi. Le secrezioni vaginali, per effetto dell’aumentata vascolarizzazione degli organi genitali, diventano più abbondanti e possono apparire mucose (con aspetto traslucido e consistenza gelatinosa) oppure acquose, nel caso della cosiddetta idrorrea, facile da scambiare per una perdita di liquido amniotico (da cui si distingue per l’odore sui generis del liquido amniotico stesso, che è l’urina del feto).
Nella vaginosi batterica questo equilibrio si rompe: si verificano perdite, che possono essere giallastre o gialloverdastre. Il ph vaginale è alcalino, i lattobacilli possono essere assenti (questo risulta dall’esame colturale del secreto vaginale). Il secreto vaginale può essere maleodorante, in particolare la gardnerella, commensale opportunista, produce il caratteristico odore di pesce.
Cosa fare?
Il ginecologo, in occasione del controllo mensile, effettuerà la visita interna, per valutare il collo dell’utero, e la presenza di secrezioni. Nell’intervallo tra le visite, può comunque essere opportuno segnalare la presenza di perdite di colore insolito sulle mutandine, in modo da richiedere una visita anticipata oppure ancora meglio un tampone vaginale, e dare una terapia mirata.
Mi posso curare in gravidanza?
Certo che sì, anzi abbiamo detto che le vaginosi possono essere pericolose per la gravidanza, quindi devono essere curate.
- Per le infezioni micotiche (funghi, ad esempio Candida) può bastare una terapia locale, generalmente non importa la terapia per bocca, che si preferisce evitare per lo stato gravidico, pur non essendo documentata una sua nocività.
- Per le infezioni batteriche, alla terapia locale andrebbe associata una terapia per bocca con antibiotici. Infatti la sola terapia locale potrebbe non bastare per debellare il microrganismo dalle sedi di infezione.
- Non trattandosi di infezioni a trasmissione sessuale, ma di dismicrobismi, che insorgono per alterazioni della flora locale, non è necessario trattare il partner, soprattutto se asintomatico.
Bisogna infine ricordare che, pur essendo importante curare questi episodi, non è dimostrato scientificamente che la terapia riduca il rischio di parto pretermine.
Per approfondimenti
segnalo il libro, adatto sia per medici, che per pazienti:
Vulvo-vaginiti e vaginosi. Riconoscerle e guarirle in modo naturale. Alessandro Camporese. Tecniche nuove, 2011.