Anna partorirà a breve, e mi esprime le sue ansie riguardo alla gestione del neonato: “sarò capace di tenerlo in braccio, di cambiargli il pannolino, di capire di cosa ha bisogno?” Queste sono le domande di molte neo-mamme: “sarò all’altezza del mio compito?” La rassicuro, sì sicuramente saprai cosa fare al momento giusto.
Dobbiamo ricordare che siamo il frutto di millenni di evoluzione: noi mamme siamo programmate per istinto a sapere cosa fare, ma spesso ce ne dimentichiamo. Ce ne dimentichiamo quando tutti si lanciano a dare consigli non richiesti, neanche fossimo bambine delle elementari, invece di donne, che hanno già raggiunto molto nella vita (non importa se sei un’astronauta o un premio Nobel, anche i passanti si sentiranno in dovere di dire la loro su qualsiasi cosa gli passi in mente).
Ce ne dimentichiamo perché il consumismo impone che ci dotiamo di tanti attrezzi inutili, come se non fosse vero che al bambino non serve nient’altro che la sua mamma. Ad esempio, l’udito di una mamma è affinatissimo ed è in grado di sentire i suoni acuti, tipici del pianto del neonato, a una distanza di parecchi metri (lo sappiamo bene, soprattutto quando diventa mamma la nostra vicina di casa). Allora perché venderci i walkie talkie per sentire cosa fa il bimbo nella stanza accanto?
Ce ne dimentichiamo, perché subiamo i retaggi di epoche ormai lontane. Le nostre mamme ci hanno cresciute con altre filosofie, ecco che ci consigliano di lasciare piangere il bambino, di non tenerlo in braccio, di farlo dormire in un’altra stanza… ma a che prezzo? Rinunciando al nostro istinto, che ce lo fa tenere vicino. Eppure molte ricerche hanno stabilito la validità dell’approccio naturale, attualmente più accreditato. Chi ci dà consigli (amici, parenti, a volte purtroppo anche il medico) ha mai sentito parlare di esogestazione? I cuccioli di uomo nascono molto immaturi e quindi vulnerabili. Un tempo lontano questo avrebbe significato un pericolo concreto per la loro salute. Vi immaginate dei cavernicoli, con un neonato tenuto nella caverna accanto? Di certo sarebbe stato una facile preda.
Il nostro cervello più arcaico, quello che ci porta l’istinto, le emozioni, la paura, è cambiato poco da allora. Siamo esseri razionali, ma la maternità ci riporta su un piano emotivo e sulla comunicazione non verbale, fatta di sguardi, di intese e di contatto pelle a pelle. Ricerche recenti indicano che esiste un “pregnancy brain”, cioè che nel corso della gravidanza cambia addirittura la struttura del cervello materno. Questo cambiamento persiste almeno per 2 anni, guarda caso il tempo necessario al bambino per diventare più autonomo e acquisire la comunicazione verbale.
Allora cosa serve? Serve la fiducia. Fiducia in sé stesse, perché ce la posso fare a gestire le varie situazioni e saprò chiedere aiuto quando serve. Fiducia negli altri, perché eviterò di tempestare l’amica neomamma con consigli non richiesti, ma sarò presente per ascoltarla con empatia e magari le porterò un pasto pronto, che è sempre un regalo gradito!