1- L’endometriosi colpisce una donna su 10?
Questa è la vecchia stima. Come sappiamo, purtroppo è una patologia sottodiagnosticata, una valutazione più accurata è intorno al 15-20% delle donne. In uno studio Italiano su 270 ragazze che si sono presentate a un servizio di ginecologia pediatrica e adolescenziale per vari motivi, nel 13% dei casi risultano già presenti segni ecografici di endometriosi (tra cui cisti ovariche 11%, adenomiosi 5%, noduli profondi 4%). Parliamo però di ecografie fatte da personale altamente qualificato e specializzato su questa patologia e non della comune ecografia di minima, che integra la visita del ginecologo.
Va rivista quindi la vecchia idea che l’endometriosi colpisca soprattutto tra i 25 e i 45 anni, visto che ormai è appurato che la storia dell’endometriosi inizia almeno 10 anni prima, durante l’adolescenza.
Non è una malattia rara, ma continua ad essere poco considerata dai medici e dalla società.
2- L’endometriosi interessa solo l’età fertile?
Non solo, sono stati segnalati anche casi in età prepubere e può continuare a dare problemi anche in postmenopausa. Per spiegare i casi prima del menarca si ipotizza che un suo precursore possa essere la mestruazione della neonata.
Una mia paziente mi racconta che ha avuto la sua prima colica addominale a 12 anni. Ricoverata in ospedale, viene dimessa con la diagnosi “richiesta di attenzioni” scritta nero su bianco. Ora ha 40 anni ed è in lista per isterectomia e resezione intestinale.
3- L’endometriosi riguarda solo il ginecologo?
L’endometriosi probabilmente origina dall’utero (teoria del reflusso di Sampson, ma con precursore che non è l’endometrio maturo ma forse una cellula staminale), ma si estende agli organi pelvici genitali e non (vescica, retto) e potrebbe diffondere a distanza per via linfatica o ematica. Questo potrebbe spiegare localizzazioni insolite, come ad esempio nella mucosa nasale o nella pleura.
I sintomi coinvolgono diversi organi e apparati, la gestione dell’endometriosi è quindi multidisciplinare con un percorso personalizzato a seconda delle esigenze.
Questo purtroppo vuol dire moltiplicare le spese per le donne affette, visto che si trovano a dover consultare più specialisti, e non è prevista esenzione per le visite non ginecologiche.
4- L’esame istologico rivela sempre l’endometriosi?
No. In alcuni casi l’esame istologico è negativo per la ricerca di cellule endometriosiche (cellule e stroma di tipo endometriale), soprattutto nelle lesioni vecchie, che tendono ad essere più fibrotiche (cioè cicatriziali). Analogamente, i noduli profondi non esibiscono sanguinamenti mensili e rispondono poco alla terapia ormonale. Secondo una recente teoria, sembra che anche nel caso delle cisti endometriosiche ovariche il sanguinamento potrebbe provenire per travaso dal corpo luteo e non dalla cisti stessa.
5- L’endometriosi è una malattia cronica infiammatoria?
Lo è, ma ha anche dei punti in comune con le patologie tumorali: tende a recidivare dopo chirurgia (30% entro un anno in assenza di terapia), può invadere i tessuti sani e creare una sua vascolarizzazione, e si pensa che in alcuni casi possa diffondere a distanza per via ematica o linfatica (questo spiega le localizzazioni in sedi atipiche). Dal punto di vista molecolare, le cellule endometriosiche sono in grado di inibire i sistemi dell’apoptosi, che è la morte cellulare programmata. Possono quindi automantenersi e sfuggire al sistema immunitario, che spesso in questa patologia è alterato. Non di rado, infatti, coesistono malattie autoimmuni e allergie croniche.
L’idea che possa originare da una cellula staminale (o comunque meno differenziata rispetto all’endometrio maturo), che subisce modificazioni epigenetiche (legate cioè all’ambiente) è un altro punto in comune con le malattie tumorali.
Questa cellula staminale potrebbe stare “quiescente” (cioè inerte) addirittura fin dal periodo embrionale ed essere correlata con i dotti mulleriani, quei condotti dell’embrione (sia maschio sia femmina) che nella femmina formeranno l’utero, mentre nel maschio si riassorbono per l’azione dell’ormone antimulleriano, prodotto dal testicolo. In questo modo possiamo spiegare l’endometriosi delle persone con sindrome di Rokistansky (agenesia uterina) e nell’uomo. Infatti, sono stati segnalati rarissimi casi di endometriosi in persone affette da carcinoma della prostata, un organo che nell’embriogenesi è correlato anatomicamente all’utero e ne mantiene alcuni residui (“utricolo prostatico”).
6- L’endometriosi è poco studiata?
Nel corso del 2021 sono stati pubblicati 2.080 articoli sull’endometriosi nella letteratura scientifica internazionale. Nello stesso periodo le patologie prostatiche contano 14.480 pubblicazioni, mentre le malattie cardiovascolari arrivano a 116.270.
L’endometriosi è nei LEA (livelli essenziali di assistenza) dal 2017, pertanto i medici sono caldamente invitati ad aggiornarsi su questo tema. Le offerte formative per il 2021 sono state 7 convegni in formazione a distanza, per un totale di 50 ore, un corso di alta complessità chirurgica di 11 ore (Don Calabria, Negrar), un master universitario di secondo livello (Università Tor Vergata). Inoltre, sempre nel 2021 sono stati organizzati due corsi di ecografia transvaginale avanzata specifici su questo tema.
Questo per dire che se un professionista ha voglia di studiare questa patologia, occasioni di imparare non mancano.
7- L’endometriosi migliora dopo una gravidanza?
In alcuni casi sì, ma non è detto, anzi può pure peggiorare e dare problemi nel corso della gravidanza. Se la donna era gravemente sintomatica prima di rimanere incinta, è probabile che già qualche mese dopo il parto i sintomi riprendano, dal capoparto oppure anche prima. La gravidanza quindi non dovrebbe essere mai proposta dal medico come rimedio all’endometriosi (come indicato dalle linee guida ESHRE 2022).
Tuttavia, siccome sappiamo che l’endometriosi può ridurre le probabilità di una gravidanza spontanea nel 30-40% delle donne affette, è bene poter conoscere la propria prognosi riproduttiva, per chi è interessata a preservare la propria fertilità.
In Toscana, le donne con endometriosi allo stadio III/IV possono accedere alla crioconservazione degli ovociti con esenzione ticket.
8- L’endometriosi riduce sempre la fertilità?
No. La descrizione anatomica dell’estensione dell’endometriosi, secondo la classificazione più utilizzata (rASRM) che è una stadiazione chirurgica, non correla con la gravità dei sintomi né con le probabilità di gravidanza (spontanea o dopo fecondazione assistita). La fertilità è il risultato di più fattori, che comprendono per esempio l’età, la riserva ovarica, fattori ormonali e non ultimi per importanza fattori legati al partner.
9- Perché non viene praticata l’isterectomia in chi non desidera una fertilità futura?
L’asportazione dell’utero non è detto che sia risolutiva, soprattutto nei casi più gravi. Infatti stiamo abbandonando l’idea di una malattia uterocentrica a favore del concetto di una malattia sistemica, che può interessare diversi organi e apparati, e in cui si sommano più cause di dolore. Il dolore origina più frequentemente non solo dall’utero stesso, ma da noduli profondi, aderenze (che possono riformarsi dopo la chirurgia), dall’intestino, dal sistema muscoloscheletrico (contratture, fibromialgia ad esempio) e dai nervi stessi (dolore neuropatico). Questo rende il quadro molto complicato. Secondo le linee guida internazionali, l’intervento demolitivo è una possibilità da considerare quando la donna non risponde alla terapia medica e a uno o più interventi chirurgici. Le ultime linee guida ESHRE 2022 non considerano l’età della donna come un ostacolo all’intervento demolitivo se la donna non desidera figli. In tutti i casi è bene parlare in modo dettagliato con il chirurgo delle opzioni disponibili.
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