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“Sono stanca”. Così inizia un libro, che mi sembra parli di me e a me, ma che abbraccia una condizione universale. Il libro è “Manifesto pisolini. Guida femminista sul diritto al riposo” di Virginia Cafaro e Biancamaria Furci, uscito da poco per Le plurali Editrice, che riprende alcuni temi già trattati in “Ma chi me lo fa fare? Come il lavoro ci ha illuso: la fine dell’incantesimo” di Maura Gancitano e Andrea Colamedici.
Quando incontriamo qualcuno per la strada e chiediamo come sta, la risposta più comune è “bene, ma stanca”. Dobbiamo sempre far presente che la nostra vita corre freneticamente e non stiamo oziando, una condizione inaccettabile per la nostra società capitalistica della performance e del profitto. L’altra persona, è chiaro, ci risponderà che anche lei sta “bene/stanca”, come un mantra. Riusciamo mai a fermarci e soprattutto ci consentiamo di farlo per davvero?
Rivendicare il diritto al riposo è stata ed è una delle lotte politiche e sindacali più importanti, a partire dalla Rivoluzione industriale, quando il lavoro salariato è diventato un mezzo di sussistenza per fasce sempre più ampie di popolazione. Ma ancora oggi, fare un lavoro per un numero di ore accettabili (in teoria non dovrebbero essere più di 8 al giorno), e ricevere un’onesta retribuzione diventa un privilegio.
Perché il diritto al riposo è un argomento di lotta femminista? Una donna lavoratrice, che smonta dal turno in fabbrica o in ufficio e deve fare anche il lavoro di cura non retribuito, quando si riposa? Quanti danni fa la retorica del lavoro della mamma, che nei primi anni di vita del bambino diventa un impegno h24 senza nemmeno diritto a dormire (perché, si sa, le mamme non dormono mai)? Un riposo vero non dovrebbe essere solo fare niente, ma fare niente per fatti propri, senza aver bisogno di sorvegliare qualcun altro nel frattempo. Può una madre riposare per davvero senza essere ripresa dalla società? “Il bimbo dove l’hai lasciato?” quante volte ce lo siamo sentite dire?
Manifesto pisolini pone anche un problema molto importante, il fatto che il poco tempo libero venga colonizzato dalle nuove tecnologie. Quando passo un’ora a scrollare il niente, giusto per vedere cosa pubblicano gli altri su FB o il nuovo trend di Tik Tok, di fatto cedo la mia risorsa più preziosa e insostituibile, il tempo, alle grandi tecnologie. Queste ci infilano tra un contenuto d’interesse e l’altro la pubblicità, e quindi un messaggio volto a consumare di più e a desiderare, soprattutto cose che non potranno mai essere nostre, come l’iperlusso o le vite fintamente perfette ostentate dalle top influencer.
Il mondo dei social rischia di allontanarci dalla società e dal contatto vero con le persone, se viene usato senza controllo, come spesso accade per i più giovani (ma non solo). La piazza virtuale non è mai stata così reale, e di questo le aziende ne approfittano e la sfruttano come una vetrina. Perché non c’è solo la pubblicità dichiarata con la scritta “sponsorizzato”, ma una marea di contenuti che sono pensati per farti acquistare un servizio, un corso inutile (tipo il master per togliere il ciuccio) o comunque per creare una sensazione di incompetenza, da riempire prontamente con il contenuto (a pagamento) che va di moda in quel momento.
Un altro aspetto è che questo tipo di attività non è un ozio vero e proprio, perché ci disconnette da noi stesse. In quel momento, stiamo dando cibo spazzatura alla nostra mente creando presupposti per stress e senso di dipendenza da un mondo, dove niente è reale. Stare in ozio, quello vero, vuol dire dare spazio alla noia e anche alla possibilità di stare nel qui e ora e assaporare il momento. Magari non è sempre piacevole, ma è la nostra vita. Per alcuni può voler dire colmare il vuoto di un disagio, che richiederebbe un approccio specialistico. In casi estremi, diventa un’estraniazione completa dalla realtà, si pensi per esempio al fenomeno degli hikkikomori.
Infine, stare sui social rischia anche di compromettere il riposo serale e notturno. Osserviamo che soprattutto i ragazzi dedicano tempo a guardare contenuti sui social dopo cena, prima di dormire e che si messaggiano con gli amici fino a tarda notte, di fatto senza disconnettersi mai dal mondo virtuale. Insonnia, sonno poco riposante e stanchezza il giorno dopo sono in agguato, creando un ambiente favorevole per disturbi ormonali, intestinali e del sistema immunitario. Dormire bene è importante per migliorare la concentrazione e la memoria e per il benessere di tutto l’organismo. Non avendo altro a disposizione, il tempo per l’ozio ha invaso anche il riposo notturno. È noto che l’esposizione alla luce azzurra dei monitor dà dei falsi segnali al nostro sistema nervoso. Sembra quasi di diventare come quelle galline cresciute in batteria con le lampade sempre accese per produrre più uova. Forse è il caso di smettere di farci spennare e di rivendicare il diritto a un riposo davvero soddisfacente.
Per saperne di più leggi:
“Manifesto pisolini. Guida femminista sul diritto al riposo” di Virginia Cafaro