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Per quanto riguarda l’esame microscopico si potranno descrivere diversi aspetti.

I villi coriali hanno un aspetto ramificato, e sono costituiti da uno strato esterno continuo di sinciziotrofoblasto e da uno strato interno discontinuo di citotrofoblasto. Lo stroma villoso è dato da capillari fetali, cellule connettivali, fibre, macrofagi (=cellule di Hofbauer).

I villi coriali possono essere distinti in:

  • villi mesenchimali: sono la prima generazione di villi terziari e danno origine a tutti gli altri tipi di villi, nel secondo trimestre diventano villi immaturi intermedi, nel terzo trimestre villi maturi intermedi. Nella placenta a termine di gravidanza rappresentano meno dell’1% dell’albero villoso.
  • villi immaturi intermedi: prevalgono nel secondo trimestre, a termine si trovano in meno del 5% del volume placentare.
  • villi maturi intermedi: derivano dai villi mesenchimali e si trasformano in villi terminali. A termine di gravidanza rappresentano il 25% del volume placentare.
  • villi staminali: derivano dai villi immaturi intermedi, hanno funzione di ancoraggio dell’albero villoso più che di scambio di ossigeno. A termine di gestazione rappresentano il 20% del volume placentare.
  • villi terminali: sono le ramificazioni terminali dell’albero villoso. Sono i più importanti, perché hanno la funzione di scambio di ossigeno e nutrienti, e rappresentano il 45% del volume della placenta a termine.

L’interpretazione dell’istologia placentare è quindi legata invariabilmente alla conoscenza dell’epoca di gravidanza a cui si riferisce la placenta, in quanto quadri normali per un dato momento, non lo sono per un’altra epoca gestazionale.

La sostanza fibrinoide: è un materiale acellulare, omogeneo, che deriva dalla secrezione o dalla degenerazione cellulare. In parte può essere costituito da fibrina (il prodotto della coagulazione). Si trova soprattutto nella regione subcoriale e nello spazio intervilloso, intravilloso, nei setti placentari, nel piatto basale (il lato materno della placenta, a contatto con l’utero), nelle membrane fetali e nei vasi uteroplacentari. Accompagna l’invasione e la migrazione del trofoblasto.

Dopo la morte in utero, la placenta va incontro a fenomeni degenerativi: continua ad essere perfusa dal lato materno, pertanto il tessuto rimane vitale più a lungo, e può mostrare aspetti che possono essere la conseguenza della morte in utero. In particolare si osservano infarti, aumento dei nodi sinciziali, deposizione di sostanza fibrinoide, calcificazioni, villi avascolari (per l’involuzione della vascolarizzazione fetale) e ialinizzati. Queste modificazioni saranno più evidenti quanto più lontana nel tempo è stata la perdita (ad esempio nel caso di morte di un gemello con prosecuzione regolare della gravidanza per l’altro gemello).

 

Vediamo nel dettaglio due condizioni: