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Puericultura

La giusta fatica di crescere, un libro di Paolo Sarti

la giusta fatica di crescerePaolo Sarti è un noto pediatra di Firenze, l’ho conosciuto durante gli anni della specializzazione e da mamma ho letto con interesse i suoi libri (il più noto forse è “Neonati maleducati”).

Il suo ultimo libro, “la giusta fatica di crescere” è stato scritto a quattro mani con una psicologa, la dr.ssa Manuela Trinci. Non è un manuale di consigli su come si dovrebbero comportare i genitori con figli più o meno grandi (come ad esempio “Il linguaggio segreto dei neonati”), ma un’analisi anche sociologica di come è cambiato negli anni l’approccio delle nuove generazioni all’allevamento dei figli.

Noi della generazione X siamo cresciuti secondo i dettami del dottor Spock (che non è il venusiano!), con una modalità che ci parla di distacco precoce e di controllo da parte dei genitori sui figli. Non mi stupisce che questo abbia creato una generazione insicura, che porta sulle spalle un bagaglio scomodo. L’ansia che deriva da questa insicurezza si trasmette poi nella relazione con i figli. In questo cerchiamo ogni giorno la nostra rivalsa, più o meno consapevolmente.

Siamo stati precocemente separati dal contatto fisico, e cerchiamo invece un modo per allevare i figli in modo naturale (no al passeggino, sì alla fascia, che ci parla di un modo più arcaico di trasportare i figli).

Il distacco ci inquieta, se lasciamo il bebè nella stanza accanto, non ci fidiamo del nostro orecchio, ci vuole un monitor che capti i più lievi stridolini della nostra creatura.

Siamo cresciuti nell’era in cui il latte artificiale era incoraggiato al posto dell’allattamento al seno, ma in molti teniamo figli attaccati alla poppa ben oltre l’anno di età (una mia amica ha allattato fino a 4 anni e mezzo…).

Siamo cresciuti in un paese con mentalità provinciale, che non si è adattato né alla conoscenza avanzata delle lingue straniere né a quella dell’informatica, una grave carenza del nostro sistema scolastico. E allora mandiamo i figli a scuola di lingue fin dalla più tenera età (alcuni corsi vengono proposti addirittura dai 4 mesi di vita), con un investimento economico a volte importante.

Ci auto istruiamo leggendo tonnellate di manuali, mentre le risposte alle domande complicate sono a volte semplici e stanno nel nostro istinto (e qualche volta nel consiglio delle nonne, di cui vorremmo fare a meno).

Siamo cresciuti con un sistema autoritario (guai a contraddire papà o mamma), ma non sappiamo dire no ai nostri figli (decine di pubblicazioni sul dire “no”, segno che l’argomento è sempre di gran moda). Ci sentiamo poco convincenti nel rivendicare la nostra autorevolezza e nel gestire il capriccio del momento. Dire di sì è più facile, ma diventa abdicare al ruolo educativo, che ci tocca e ci spetta.

Ma tutto questo che costi ha?

Allevare figli che hanno tutta la strada spianata finché sono piccoli, ma che prima o poi si scontreranno con le delusioni e le frustrazioni della vita, che noi non potremo fargli evitare.

Così facendo togliamo ai nostri figli l’aspettativa e il desiderio, e promuoviamo la gioia effimera del possedere un oggetto o denaro rispetto al coltivare la competenza emotiva. In questo periodo di fine scuola, quanti bambini riceveranno un regalo per la promozione? Non è forse la soddisfazione, l’orgoglio e il poter dire “ce l’ho fatta e con onore” la ricompensa migliore?

Queste sono mie considerazioni personali scaturite dalla lettura, non voglio generalizzare sul fatto che debba sempre e per tutti essere così. A chi sarà incuriosito ad approfondire, consiglio di leggere il libro.

Nel frattempo, vi lascio con un video del dr Sarti, in occasione di un incontro promosso dall’associazione La clessidra di Sesto Fiorentino, con cui anche io ho collaborato.

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