L’ultimo capitolo del libro Gender tech di Laura Tripaldi riguarda le app per il ciclo mestruale. Sono una sostenitrice di queste app e le consiglio alle mie pazienti perché aiutano a tenere traccia della storia mestruale, ma bisogna sapere anche che possono essere problematiche. Milioni di donne inseriscono in questi programmi i loro dati personali, che potrebbero essere ceduti a terze parti per fini commerciali. Per esempio, se sono in preciclo l’algoritmo potrebbe propormi acquisti di generi di conforto per un possibile calo dell’umore, se sono in ovulazione qualcosa per la bellezza della pelle o del corpo. Per questo, sarebbe meglio non creare account con la propria mail né fare back up, anche se il programma paventa la perdita dei dati (ad ogni modo esistono anche le agende cartacee che fanno lo stesso lavoro).
Un altro dato inquietante arriva dall’America: da quando in molti stati è diventato un crimine abortire a seguito dell’annullamento della sentenza Roe vs Wade, le app per il ciclo potrebbero segnalare alla polizia donne con ritardi da ciclo e quindi con sospette gravidanze, soprattutto se a seguito di geolocalizzazione tali donne sono sorprese ad attraversare il confine verso stati che permettono l’aborto. Alle americane quindi, le associazioni pro-chioice hanno consigliato di disinstallare ogni app che traccia il ciclo mestruale. Anche in questo caso uno strumento che nasce per aiutare la salute femminile e rendere le donne più consapevoli del loro ciclo ormonale può essere usato per fini vessatori.
Vorrei ricordare anche che le app per il ciclo non sono contraccettive e che alcuni studi hanno evidenziato che non sono in grado di segnalare con accuratezza la data dell’ovulazione e della presunta fertilità (a meno di non usare dei computer appositi, che registrano anche dati biometrici, come il livello ormonale urinario o la temperatura basale). Le app da ciclo non dicono quando sono fertile, perché si basano sulla previsione matematica che io ho impostato all’inizio. Vale a dire, se quel mese il mio ciclo è in ritardo, l’ovulazione slitta rispetto alla previsione. Questo significa anche che l’app non può predire la fertilità e che in nessun caso deve essere usata come metodo contraccettivo, soprattutto in chi è molto giovane e ha bisogno di evitare una gravidanza indesiderata.
Per concludere questo percorso attraverso i temi base del libro Gender tech di Laura Tripaldi, che per me è stata una lettura appassionante vorrei fare un’ultima considerazione. Ciò che spesso viene usato dai medici in modo improprio è la parola. Giudizi, battute fuori luogo o, in qualche caso, commenti che sono delle vere e proprie molestie verbali, purtroppo sono all’ordine del giorno, soprattutto quando pensiamo alle persone affette da patologie ancora poco conosciute dalla medicina e dalla scienza. Il percorso di formazione dei medici deve includere anche le modalità di come rapportarsi ai pazienti, che non possono essere demandati alle abilità personali o a corsi postlaurea, che faranno in pochi. Personalmente ho fatto una formazione di due anni per diventare counsellor, ma basterebbe molto meno. Imparare a non giudicare potrebbe essere un buon inizio.
Consiglio la lettura di Gender tech di Laura Tripaldi