L’ecografia genetica è un esame ecografico che viene eseguito a 16-18 settimane per la ricerca dei soft markers per la sindrome di Down.
I “soft markers” sono dei segni ecografici, che possono essere associati alla sindrome di Down, ma si trovano molto spesso anche nei feti sani. Il riscontro ecografico dei soft markers è piuttosto frequente, ma è importante ricordare che di per sè non sono malformazioni e non hanno alcun significato per la salute del bambino che nascerà.
Il rischio di sindrome di Down viene calcolato partendo dal rischio per età (o dal rischio individuale, che risulta dal test di screening, se effettuato – vedi la sezione sul test combinato -), che viene modificato, moltiplicandolo per un fattore (detto likelihood ratio), che è diverso a seconda del marker. Ad esempio la presenza di focus iperecogeno, dilatazione renale pelvica o cisti dei plessi corioidei, se isolata non modifica sostanzialmente il rischio, mentre per altri markers il rischio viene ricalcolato (ad esempio se si parte da un rischio di 1 su 1000, e c’è un marker che aumenta tale rischio di 4 volte, il rischio finale sarà 1 su 250). Viceversa, l’assenza dei markers sotto elencati riduce il rischio di circa la metà.
Cosa fare quando è stato evidenziato un soft marker:
- valutazione dettagliata dell’anatomia fetale, per evidenziare eventuali altri markers o anomalie associate
Quando si offre l’amniocentesi, per la determinazione del cariotipo fetale:
- quando sono presenti due o più markers in associazione
- nel caso di markers, anche isolati, ma che aumentano sostanzialmente il rischio di sindrome di Down
E’ importante ricordare che la diagnosi di sindrome di Down non viene effettuata ecograficamente, ma con l’amniocentesi. Infatti circa metà dei feti Down non presenta alcun tipo di anomalia all’esame ecografico, compresi i soft markers.
Sommario
- Focus iperecogeno cardiaco (Golf ball)
- Dilatazione renale pelvica
- Intestino iperecogeno
- Cisti dei plessi corioidei
- Femore corto
- Plica nucale inspessita
- Ossa nasali ipoplastiche
- Arteria ombelicale unica
Focus iperecogeno (o golf ball)
Molto frequente, si riscontra nell’1-3% dei feti sani. Si evidenzia ecograficamente come un’area iperecogena (cioè più bianca), solitamente all’interno del ventricolo sinistro del cuore. Esso origina dalla calcificazione di uno dei muscoli papillari del cuore, che hanno la funzione di tenere ancorati i lembi della valvola atrio-ventricolare, come le corde di un paracadute. Il focus iperecogeno non è una malformazione del cuore e non compromette in alcun modo la funzionalità cardiaca. Inoltre, se isolato, non modifica il rischio di sindrome di Down. In assenza di anomalie associate (=riscontro di malformazioni all’ecografia) non è indicata l’esecuzione del cariotipo. Il focus iperecogeno NON è un’indicazione all’esecuzione di ecocardiografia fetale, poichè se isolato non si associa a malformazioni cardiache.
Dilatazione renale pelvica
La dilatazione renale pelvica (o pielectasia) si riscontra nell’1-3% dei feti sani, soprattutto di sesso maschile. Essa consiste nella dilatazione della pelvi renale, quella struttura che convoglia l’urina dal rene fetale verso l’uretere. Una dilatazione superiore ai 5mm pone l’indicazione per una valutazione dettagliata dell’anatomia fetale, tramite ecografia di secondo livello. Se questa è regolare e non ci sono altri markers, non viene modificato il rischio per la sindrome di Down e quindi non è indicata l’esecuzione del cariotipo.
Quando la pelviectasia è superiore ai 10mm, solitamente accompagnata da dilatazione dei calici (calicopielectasia) si parla di idronefrosi. In questi casi sarà importante valutare lo spessore e l’aspetto del parenchima renale, che nei casi di ostruzione più importante (15-20mm e oltre) potrebbe essere alterato (assottigliamento della corteccia renale, aspetto iperecogeno, eventuale presenza di cisti corticali). Può essere opportuno, nei casi di dilatazione renale pelvica più gravi, effettuare una consulenza con l’urologo pediatra, al fine di discutere l’iter di esami diagnostici da seguire dopo la nascita.
La pelviectasia non è indicazione ad anticipare il parto.
La pelviectasia richiede un controllo ecografico del neonato, e, talora, terapia antibiotica per impedire infezioni urinarie, favorite da eventuale reflusso urinario dalla vescica verso i reni.
Intestino iperecogeno
Si riscontra nell’1% di tutti i feti. Ecograficamente l’intestino appare più bianco (“iperecogeno” si parla di “iperecogenicità intestinale”), in modo tale da assumere la stessa intensità dell’osso. Le cause possono essere molteplici:
- sindrome di Down: aumenta il rischio di circa 3 volte
- fibrosi cistica
- ritardo di crescita
- ostruzione intestinale
- sanguinamento intrauterino (pregressa minaccia d’aborto al primo trimestre)
- infezione materna
Accertamenti da eseguire:
- cariotipo
- ricerca delle mutazioni per la fibrosi cistica nei genitori
- controlli seriati della crescita
- esami infettivi
Se si sono escluse le cause sopraelencate, la prognosi è solitamente positiva.
Cisti dei plessi corioidei
Si osserva nell’1-3% dei feti sani nel corso del secondo trimestre. Ecograficamente si osserva la presenza di aree anecogene (ovvero più scure) all’interno dei plessi corioidei. I plessi corioidei sono delle strutture che si trovano all’interno dei ventricoli cerebrali, e, come nell’adulto, hanno la funzione di produrre il liquido che bagna il cervello. La presenza delle cisti dei plessi corioidei non costituisce una malformazione e non ha alcun significato per il benessere e lo sviluppo del bambino che nascerà. Se isolata, non modifica il rischio di sindrome di Down. In realtà, essa rappresenta un marker di trisomia 18, e anche in questo caso se non ci sono malformazioni associate non cambia il rischio cromosomico e quindi non è indicata l’amniocentesi. Le cisti dei plessi corioidei scompaiono spontaneamente in tutti i casi entro le 26 settimane di gestazione.
Nell’immagine al di sopra vediamo evidenziato in grigio uno dei due plessi corioidei. La freccia indica la cisti, una piccola formazione liquida, che in ecografia appare anecogena (cioè nera).
Femore corto
Si riscontra nell’1% dei feti. Ecograficamente, la misura della lunghezza del femore cade al di sotto del 5°centile.
Le cause di femore corto sono molteplici:
- costituzionale: se i genitori sono bassi, anche il feto avrà la misura del femore più piccola della norma. Si tratta dell’evenienza più frequente
- sindrome di Down: il rischio aumente di 1.6 volte
- ritardo di crescita
- displasia scheletrica (=patologia dello scheletro con problemi di accrescimento staturale anche in età postnatale)
In caso di femore corto: si esegue una valutazione dettagliata dell’anatomia fetale. Solitamente viene discussa l’opportunità di effettuare la diagnosi invasiva. E’ necessario il monitoraggio della crescita fetale. Le displasie scheletriche sono patologie rarissime, e solitamente danno altri segni oltre al femore corto. Bisogna però ricordare che in alcune situazioni patologiche (ad esempio l’acondroplasia, che è una forma di nanismo) la diagnosi avviene nel terzo trimestre, mentre nel secondo trimestre le misure delle ossa lunghe possono essere nella norma.
Plica nucale inspessita
La plica nucale inspessita (>6mm) si osserva nell’1% dei feti nel secondo trimestre. Consiste nella misurazione della cute dietro al collo del bambino. La sua presenza aumenta di 10 volte di rischio di sindrome di Down nel secondo trimestre. La sua presenza, anche se isolata, è un’indicazione all’esecuzione del cariotipo fetale.
Ossa nasali ipoplastiche
Anche l’osso nasale è un importante marker di sindrome di Down. Il riscontro di ossa nasali assenti o ipoplastiche rappresenta da solo una indicazione all’esecuzione del cariotipo fetale, e può essere indicativo di alcuni tipi di displasie scheletriche.
Arteria ombelicale unica
Si riscontra nell’1-2% di tutti i feti. Normalmente nel cordone ombelicale ci sono tre vasi, due arterie (dal feto verso la placenta) ed una vena (che porta il sangue placentare verso il feto). Nel caso dell’arteria ombelicale unica, nel funicolo ci sono solo due vasi (un’arteria ed una vena).
L’arteria ombelicale unica può associarsi a:
- anomalie cromosomiche (trisomia 13, trisomia 18), ma solo se coesistono altre malformazioni
- agenesia renale unilaterale
- ritardo di crescita (15% dei casi)
In caso di arteria ombelicale unica, in assenza di altre anomalie non si modifica il rischio di sindrome di Down e pertanto non è indicata l’esecuzione del cariotipo.
E’ consigliabile monitorare la crescita fetale con controlli seriati.
Conclusioni:
Se all’ecografia risultano due o più markers per la sindrome di Down, si può, tramite la consulenza genetica, accedere ad amniocentesi o villocentesi.