L’atresia esofagea è una condizione, che si presenta con una frequenza di uno su 3.000 nati, ed è caratterizzata dall’ostruzione di un tratto di esofago. Può associarsi o meno alla presenza di fistola trachea-esofagea, cioè un tramite tra esofago e trachea, che a sua volta può collegarsi più a valle di nuovo con lo stomaco.
Questo rende la diagnosi ecografica complessa, e spesso si può porre in utero solo un sospetto: l’atresia esofagea fa parte, come tutte le ostruzioni del tubo digerente, di quelle patologie, che non possono essere accertate con sicurezza prima della nascita. Segni di sospetto possono essere dati dalla mancata visualizzazione dello stomaco, o dalla presenza di una bolla gastrica piccola, aspetti ecografici, che peraltro si visualizzano anche in feti normali. In alcuni casi, se è presente una fistola tracheo-esofagea ampia, lo stomaco può apparire del tutto normale. L’associazione con polidramnios, a comparsa nel terzo trimestre e ad andamento ingravescente, rende il sospetto più fondato. Si tratta, quindi, di una patologia, che solitamente non viene identificata nel corso dell’esame morfologico delle 20 settimane, e che viene diagnosticata con certezza solo dopo la nascita.
L’atresia esofagea può associarsi ad anomalie cromosomiche (ad esempio trisomia 18), sindromi genetiche, in particolare con la sequenza VACTERL (anomalie vertebrali, ano imperforato, anomalie cardiache, fistola tracheo-esofagea, anomalie renali, anomalie degli arti), ma può essere anche un dato isolato.
La gestione di questa condizione prevede:
- ecografia di secondo livello
- consulenza genetica
- amniocentesi
- consulenza con chirurgo pediatra, per definire i dettagli relativi all’intervento, da praticare dopo la nascita
- ecografie di follow-up, per valutare la comparsa e l’andamento del polidramnios, e per monitorizzare la crescita ed il benessere fetale.
In assenza di anomalie associate, la prognosi è solitamente positiva, anche se l’outcome chirurgico dipende dalla lunghezza del tratto di esofago non canalizzato.